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Esecuzione presso terzi: l’ordinanza di assegnazione a seguito di dichiarazione negativa. Quale rimedio? E quale efficacia se fallisce il debitore esecutato?

Esecuzione presso terzi: l’ordinanza di assegnazione a seguito di dichiarazione negativa. Quale rimedio? E quale efficacia se fallisce il debitore esecutato?

La pronuncia in commento (pubblicata il 12 giugno scorso) indica – e la cosa non sorprende – come rimedio contro l’ordinanza di assegnazione quello dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (dunque, un ricorso da promuoversi entro il breve termine di 20 giorni dal compimento dell’atto ovvero dalla conoscenza dello stesso che ne abbia il soggetto non partecipe).

L’ordinanza de qua, come accennato, non è certo rivoluzionaria. Tuttavia, offre qualche spunto di riflessione segnatamente in riferimento ai rapporti tra processo esecutivo e procedura concorsuale a carico dell’esecutato.

La vicenda (intricata)

La società Alfa, creditrice, agisce esecutivamente contro Beta, debitrice, pignorando un credito di questa verso Gamma.

Gamma dichiara (ex art. 547 c.p.c.) che il credito di Beta era stato da questa ceduto alla banca Delta con atto di data certa anteriore alla notifica del pignoramento.

Ciò nonostante, il Giudice dell’Esecuzione assegna quel credito ordinando a Gamma di pagarlo alla procedente Alfa.

Gamma impugna l’ordinanza con opposizione agli atti esecutivi, coinvolgendo nel giudizio anche Delta, domandando che si disponesse deposito liberatorio della somma (nelle more dell’individuazione del beneficiario: Alfa o Delta) con conseguente propria estromissione.

Quel giudizio però si interrompe a causa del sopravvenuto fallimento dell’esecutata Beta. Nessuna parte lo riassume.

A quel punto, la già terza pignorata Gamma instaura nuovo ed autonomo giudizio teso all’accertamento:

  • dell’improcedibilità dell’azione esecutiva originaria;
  • dell’avente diritto alla somma da essa dovuta (in origine alla debitrice esecutata ma oggetto di cessione alla banca Delta).

Il quel giudizio il Fallimento di Beta resta contumace.

Il Tribunale dichiara inammissibile la prima domanda (giacché solo il Giudice dell’Esecuzione avrebbe potuto pronunciarsi su essa), dichiara la litispendenza della seconda (già oggetto della precedente opposizione agli atti esecutivi, ritenuta non perenta seppur interrotta e non riassunta).

La Corte di Appello conferma la decisione di primo grado, stabilendo che:

  • il giudizio di opposizione ex art. 617 c.p.c. si era estinto;
  • ciò aveva comportato l’esaurimento del processo esecutivo (n.d.r.: con la stabilizzazione dell’ordinanza di assegnazione);
  • tutte le domande di accertamento svolte da Gamma sono inammissibili, in quanto riferite ad un’azione esecutiva ormai conclusa.

Gamma ricorre per cassazione.

La soluzione della Cassazione

Il primo motivo, teso a contestare la consumazione del processo esecutivo viene rigettato: sull’estinzione dell’azione esecutiva può pronunciarsi soltanto il Giudice dell’Esecuzione.

Il secondo motivo, con il quale si sostiene che l’esecuzione si concluda non già con l’emissione dell’ordinanza di assegnazione ma con il concreto pagamento della somma assegnata, pure è respinto (per la medesima ragione).

Il terzo motivo fa affidamento sul dettato dell’art. 44 della Legge Fallimentare: essendo intervenuto il fallimento della debitrice esecutata (Beta), la terza pignorata (Gamma) non avrebbe potuto adempiere al proprio debito pagando nelle mani della creditrice procedente (Alfa) assegnataria. Questo motivo è ritenuto inammissibile: in quanto estraneo alla ratio decidendi della Corte Distrettuale (la quale non era stata chiamata a decidere sulla questione, ma si era semplicemente ritenuta incompetente a statuire sulla sopravvenuta procedibilità di un’azione esecutiva che solo il Giudice davanti al quale questa pendeva avrebbe potuto pronunciare).

Respinto il ricorso, soltanto il controricorso della banca Delta coglie nel segno: in particolare, l’istituto lamenta in sostanza un difetto di pronuncia da parte dei giudici a quibus, che (se avevano correttamente declinato ogni decisione sulla procedibilità dell’azione esecutiva) avevano però improvvidamente dimenticato di pronunciarsi sulla seconda domanda di accertamento originaria: ovvero chi dovesse ritenersi creditore di Gamma (la procedente Alfa o la cessionaria Delta?).

Su questa questione – ritiene la Suprema Corte – non incidevano le sorti del processo esecutivo. E nemmeno il fallimento del debitore cedente: questi – pur ritualmente citato nel giudizio – restava contumace e non contestava l’opponibilità alla Procedura della cessione del credito né ne deduceva la revocabilità (sicché la relativa controversia non poteva subire la vis attractiva concorsuale).

Di conseguenza, la vertenza (circa l’individuazione del soggetto creditore al momento del pignoramento) integra ordinario giudizio di cognizione su cui la Corte di Appello si sarebbe dovuta esprimere.

Questi dunque i due principi di diritto a cui è chiamato ad attenersi il Giudice del rinvio:

  1. nell’esecuzione presso terzi l’ordinanza di assegnazione emessa a fronte di dichiarazione negativa è affetta da vizio che può essere fatto valere unicamente con l’opposizione agli atti esecutivi;
  2. quell’ordinanza non rileva in altro e separato giudizio tra terzo pignorato e soggetto che si affermi cessionario del credito pignorato: sicché il cessionario potrà sempre, se escusso dal pignorante, far valere l’anteriorità della cessione e sottrarsi al pagamento (a prescindere dall’ordinanza di assegnazione seppur divenuta titolo esecutivo).

Considerazioni

La vicenda, malgrado appaia a prima vista quasi scolastica, nella pratica è tutt’altro che isolata: accade non troppo di rado che il Giudice dell’Esecuzione assegni un credito nonostante una dichiarazione di terzo negativa (atteso che talora questa può apparire, ad un esame superficiale, positiva).

Chiaro il rimedio: occorre opporsi all’atto esecutivo (ex art. 617 c.p.c.).

Nulla quaestio.

Sennonché, la pronuncia in commento lascia aperto qualche interrogativo: come si accennava all’inizio, in punto coordinamento tra ordinanza di assegnzione e fallimento dell’esecutato.

Ed invero, ci chiediamo quale fosse l’esigenza pratica (nella fattispecie avvertita dal terzo pignorato che abbiamo chiamato Gamma) di incardinare un giudizio autonomo di accertamento: l’eventuale pretesa del creditore procedente Alfa di escutere da quella il credito in forza dell’ordinanza di assegnazione era già in nuce paralizzata/impedita dal dettato dell’art. 44 L. Fall. (che, nell’interpretazione corrente e consolidata – cfr. cfr. Cass. civ. 14 febbraio 2000, n. 1611; Cass. civ. 30 marzo 2005, n. 6737; Cass. civ. 12.01.2006, n. 463; Cass. civ. 6 settembre 2007, n. 18714; Cass. civ. 14 marzo 2011, n. 5994; Cass. civ. 31 marzo 2011, n. 7508; Cass. civ. 22 gennaio 2016, n.1227; Cass. civ. 10 agosto 2017, n. 19947 – , include tra i pagamenti inefficaci e ripetibili/revocabili facenti capo al fallito, anche quelli indiretti, ovvero eseguiti da un terzo con risorse dell’insolvente).

In altri termini, Alfa non avrebbe comunque potuto portare in esecuzione contro Gamma l’ordinanza del G.E. (e se lo avesse fatto, quest’ultima avrebbe potuto a quel punto opporsi all’esecuzione). Di più: se pure Gamma avesse pagato, le sarebbe stato addirittura possibile ripetere l’indebito.

Sotto altro profilo, infine, pare lecito interrogarsi sulla portata pratica anche del secondo principio di diritto sancito dalla Corte nell’ordinanza in commento: davvero non riusciamo ad immaginare come possa il creditore procedente (per noi Alfa) escutere il cessionario (per noi banca Delta) non destinatario dell’ordinanza di assegnazione.

cassazione-civile-11287-2020

 

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